Coronavirus: polveri sottili vettori del contagio?

L’infezione da coronavirus è l’argomento del momento, ma non è certo l’unica insidia per la nostra salute. Spesso si parla di come l’inquinamento possa incidere negativamente sulla qualità di vita e portare allo sviluppo di patologie anche serie, ma esiste un collegamento tra aria inquinata e diffusione del COVID-19?
Sembrerebbe un collegamento ardito, ma rigorosi studi scientifici dimostrano il contrario. L’inquinamento delle nostre città ha aperto la strada alla diffusione dell’infezione da coronavirus. A rivelarlo uno studio condotto dalla Società italiana di medicina ambientale in collaborazione con le Università di Bari e Bologna. Esaminando i dati pubblicati periodicamente sui siti web delle Agenzie regionali per la protezione ambientale e incrociandoli con i casi positivi al coronavirus, è emersa una allarmante correlazione che potrebbe spiegare la rapida diffusione del virus in Pianura Padana. A sostenere questa tesi un gruppo di ricercatori secondo i quali il ruolo del particolato atmosferico nel diffondersi del contagio è quello di vero e proprio vettore del virus. Il particolato atmosferico crea un substrato che può consentire al virus di rimanere nell’aria per delle ore o in alcuni casi anche per dei giorni.
Dove sono stati più spesso superati i limiti di legge (50 micro grammi per metro cubo di concentrazione media giornaliera) di polveri sottili, si è anche visto un picco di casi di contagio da COVID-19.
Polveri sottili come marker di virulenza per il coronavirus
I virus possono attaccarsi al particolato atmosferico e in questo modo rimanere in atmosfera per diverse ore o anche per interi giorni e diffondersi su maggiori distanze. Per ora si tratta di un’ipotesi scientifica, ma in attesa che si consolidi attraverso delle evidenze sarà bene considerare la concentrazione elevata di polveri sottili come un rischio e un potenziale “marker” indiretto della virulenza da Covid-19.
Già prima dell’attuale pandemia, era stato indagato il rapporto tra concentrazioni elevate di particolato atmosferico e diffusione dei virus. Nel 2010 l’influenza aviaria si diffuse anche in seguito a delle tempeste che dispersero le polveri su lunghe distanze. I ricercatori hanno dimostrato in quel caso una correlazione di tipo esponenziale tra le quantità di casi di infezione e le concentrazioni di polveri sottili. Anche nel 2016 è stata osservata una relazione tra inquinamento e diffusione di un virus che causava polmonite nei bambini.
La situazione oggi senza traffico nelle città italiane
Il collegamento tra COVID-19 e inquinamento non è ancora dimostrato in modo inequivocabile, ma con molte persone in casa e una conseguente drastica diminuzione delle auto in circolazione e quindi dell’inquinamento da esse generato, si può ridurre l’eventuale problema. In questi giorni i livelli di inquinamento sicuramente stanno scendendo, ma non ci sono solo le auto private, il traffico veicolare rappresenta circa il 22% dell’inquinamento totale in città.
Coronavirus: L’aria di casa nostra è sicura?
Fuori c’è meno inquinamento, ma anche la qualità dell’aria di casa nostra è ovviamente importante in particolare se ci restiamo tutto il giorno.
Negli spazi interni, come case o uffici, l’aria è mediamente cinque volte più inquinata, rispetto all’esterno. Per questo è importante aprire sempre le finestre e aerare casa ogni giorno.
Interventi salva-ambiente da attuare al più presto
Esiste come detto una letteratura scientifica specifica che evidenzia possibili (e in alcuni casi dimostrate) relazioni tra inquinamento e diffusione di virus. Sarebbe opportuno, come per la limitazione dei movimenti imposta in queste settimane agli italiani, anche lo studio di apposite misure restrittive per il contenimento dell’inquinamento. Alcune proposte in tal senso già ci sono, come ad esempio quella di alcuni ricercatori della Statale di Milano.