Allarme sostegno in Piemonte, 100 specializzati per 2mila cattedre
Sostegno: in Piemonte sono solo un centinaio i nuovi docenti specializzati nel seguire gli studenti disabili, ne servirebbero però circa 2000 e per i sindacati, nonostante il problema sia ben noto da tempo, il ministero non ha saputo risolverlo, bandendo un corso per solo 200 persone, iniziativa che è stata definita da più parti come “una goccia nel mare”.
Oltre agli specialisti del sostegno che mancano, non va poi molto meglio anche sul fronte dei supplenti, il rischio di cattedre vuote è concreto e l’avvio dell’anno scolastico è ormai alle porte. I circa cento docenti con abilitazione al sostegno inizieranno la loro attività, ma in tutta la regione e in particolare nella provincia di Torino la situazione, come denunciato dal segretario regionale della Uil Scuola è sconfortante.
Ogni anno le nomine sono sempre più complicate, i posti di sostegno sono coperti da precari che spesso non hanno la necessaria specializzazione e in alcuni casi da docenti di ruolo, sempre senza specializzazione, ma che con senso di responsabilità si sono fatti carico del problema come meglio potevano.
La cosiddetta integrazione scolastica rischia di rivelarsi solo uno slogan. Il Ministero quest’anno ha previsto percorsi di specializzazione, ma i 200 posti previsti sono assolutamente insufficienti per rispondere efficacemente alle esigenze della regione Piemonte. In molte altre regioni italiane peraltro le cose non vanno meglio.
Oltre all’ormai tristemente noto problema del sostegno, va detto che anche le cattedre ordinarie, soprattutto in provincia di Torino, in molti casi resteranno scoperte a settembre. Su 4.650 posti autorizzati in Piemonte le assunzioni sono state meno di un terzo. Il rischio sempre più concreto è che in numerose scuole si inizi l’anno scolastico 2019-2020 con orari ridotti e materie del tutto scoperte. Osservata speciale proprio Torino, che considerando anche la sua provincia conta circa la metà di tutti gli istituti scolastici dell’intera regione. Molti riponevano le loro speranze nel cosiddetto decreto precari, che avrebbe dovuto bandire nuovi concorsi o comunque percorsi di inserimento per chi avesse almeno tre anni di precariato alle spalle, ma per ora complice la crisi di governo, è tutto rimasto nel limbo.